COME GESTIRE IL PESO SENZA RICORRERE AL CIBO

Sapevi che ci sono molte cose che puoi fare per imparare a gestire il peso e che non hanno niente a che fare con il cibo?
Considerare la gestione del peso solo in termini di calorie in entrata/in uscita è un approccio datato perchè dieta-centrico, attribuisce un ruolo esclusivo al cibo e mette in secondo piano altri fattori che sono invece altrettanto importanti.


Quali sono questi fattori?
✔️Il primo è lo stress: molti considerano lo stress unicamente come minaccia al proprio benessere, cercando di sfuggirlo a tutti i costi, spesso ricorrendo proprio al cibo come mezzo per regolare le proprie emozioni.
➡️In realtà, il primo passo per gestire lo stress non è cercare di eliminarlo, cosa impossibile peraltro, ma imparare ad affrontarlo nel modo giusto; riconosciamo che siamo in una situazione che ci mette in difficoltà, guardiamola come una sfida che mobilizza le nostre risorse e che possiamo impiegare per mettere in atto azioni utili a risolvere le difficoltà e non a sfuggirle. Questa è resilienza, la capacità di crescere. 

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✔️Il secondo fattore forse non è così evidente ma è altrettanto importante: il sonno. Un sonno cattivo per qualità o quantità è correlato all’aumento di peso.
➡️E’ molto utile impostare una routine con cui chiudere la giornata, in modo che il corpo e la mente si preparino al sonno. Alcuni accorgimenti possono essere: andare a dormire più o meno sempre alla stessa; fare attività rilassanti, come leggere o ascoltare musica tranquilla; abbassare le luci e limitare il tempo passato davanti agli schermi; se non prende sonno nei primi 20 minuti, meglio alzarsi e fare qualcosa di rilassante e non troppo stimolante; non andare a dormire con lo stomaco troppo pieno o con la fame, nel caso meglio uno snack leggero. Per esperienza personale, anche meditare prima di andare a dormire è un ottimo modo per facilitare il sonno.


✔️L’ultimo fattore è più scontato: l’attività fisica. Ne parlo però perchè in questo caso ciò che conta è imparare a guardare all’attività fisica in un’ottica nuova, non più dieta-centrica, per poterne trarre beneficio. L’attività fisica è benefica soprattutto se la facciamo con costanza e, per ottenere questo risultato, dobbiamo trovarla piacevole. Considerarla solo come mezzo per “scontare” il pranzo o per guadagnarsi l’aperitivo della sera, ce la fa vivere come punitiva. Lo sport, invece, per il nostro corpo è un piacere perchè muoversi è la sua condizione naturale e, quando lo fa, ci fa sentire bene, fisicamente ed emotivamente.
➡️Recuperiamo un rapporto con lo sport come qualcosa di bello e piacevole che facciamo per noi, come ricompensa e non come punizione. Muoviamoci, più che possiamo; per avere i suoi benefici non serve per forza impegnarsi in grandi allenamenti, basta aumentare i livelli di attività fisica giornaliera, facendo una passeggiata invece di prendere la macchina, per esempio; anche se facciamo un lavoro sedentario, le ricerche dimostrano che basta anche solo una pausa ogni ora per riattivare i muscoli e sentirsi meglio. Quello che conta è farlo, cominciamo con poco, quando inizieremo a sentirne i benefici sarà più facile aumentare.
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Dott.ssa Mara Pavanel

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COSA RISPONDERE QUANDO TUA FIGLIA TI CHIEDE: “MA IO SONO GRASSA?”

(una precisazione: ho lasciato il genere femminile per comodità ma lo stesso principio vale per FIGLI MASCHI o FEMMINE).

Avendo due figlie femmine, l’argomento mi tocca da vicino. E’ quasi inevitabile nella nostra società, così centrata sull’immagine e su un certo tipo di ideale fisico, che questa domanda arrivi; purtroppo, anche molto presto: mia figlia me l’ha “sparata” in prima elementare, decisamente presto, e, se penso a come ero io alla sua età, che a certe cose proprio non ci pensavo, mi dispiace molto che già così giovani debbano preoccuparsi di queste cose. Ma tant’è, prepariamoci e vediamo come fare!

Per prima cosa, prendiamo un bel respiro e fermiamoci un momento: non rispondiamo la prima cosa che ci passa per la testa, cioè: “certo che no!”

A questo punto, seguiamo questi step, che, tengo a sottolinearlo, sono identici per tutte INDIPENDENTEMENTE dal peso di nostra figlia.

1° step: riconoscere la sua sofferenza.

Stiamo con loro in questo momento di difficoltà, rispecchiamo ciò che provano: “mi sembri triste/turbata/in difficoltà, che succede?”. Nostra figlia non ci sta parlando della sua percentuale di grasso corporeo, ci sta parlando della sua rabbia, tristezza, ansia…Anche noi spesso dicendoci:” mi sento grassa” in realtà stiamo parlando di emozioni. Risponderle subito: “certo che no” da un lato chiude il dialogo e dall’altro trasmette l’idea che essere grassi sia di per sè una cosa sbagliata. Noi vogliamo che si sentano accolte da noi, al di là della loro taglia.

2° step: chiedere.

“Come mai mi stai dicendo questo? E’ successo qualcosa? Quando hai iniziato a sentirti così? Perchè ti preoccupa essere grassa? Cosa significa per te?”. Dopo averla validata, indaghiamo a fondo sulle ragioni della sofferenza.

3°step: condividere.

“Capita a tutti di sentirsi così, di tanto in tanto. Non c’è nessuno che apprezza sempre e comunque il suo corpo o che non voglia cambiare qualche parte di esso. Anche a me capita o è capitato di provare ciò che provi tu e so che non è piacevole”. E’ utile far capire che non sono sole a provare certe cose, ed è umano non piacersi sempre; noi saremo sempre disponibili a parlarne.

4°step: parlare.

E’ un momento prezioso per parlare di come la nostra cultura tenda a stigmatizzare e discriminare le persone con un corpo che non rientra negli standard e che noi non condividiamo questo messaggio. Come vengono rappresentate le persone con un corpo plus size? E quelle magre? Parliamone insieme e parliamo di come non siamo costrette ad aderire a certi messaggi, a dare il nostro consenso, per esempio smettendo di seguire certi personaggi o non acquistando marche che rinforzano certi stereotipi.

In questo modo, nostra figlia capirà che siamo sempre disponibili ad accogliere le sue difficoltà, che la apprezziamo qualunque sia il suo aspetto fisico e che non spaventa noi per prime parlare di corpo e peso. Perchè sia davvero così è bene però cominciare ad interrogarci su come noi stiamo con il nostro corpo, e su quali messaggi inviamo alle nostre figlie su di esso: siamo sempre a dieta? Commentiamo di frequente il nostro peso? Parliamo di “fare le brave” quando mangiamo in un certo modo? Fate caso a come vi parlate perchè questi sono i messaggi più potenti cui le vostre figlie sono esposte.

dott.ssa Mara Pavanel

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QUANDO PARLIAMO DI ALIMENTAZIONE, QUAL E’ L’OBIETTIVO GIUSTO?

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Come in tutte le cose, avere degli obiettivi è fondamentale per poter avanzare nella giusta direzione. Senza un obiettivo, saremmo come Alice nel Paese delle Meraviglie, che chiede allo stregatto: “Che strada devo prendere?” chiese.
E lo stregatto, di rimando: “Dove vuoi andare?”
“Non lo so”, risponde Alice.
“Allora, – dice lo Stregatto – non ha importanza quale strada prendi”.

Ecco, gli obiettivi sono utili per capire quale strada prendere quando cerchiamo di raggiungere un certo risultato.

Parlando di alimentazione, la prima cosa che ci viene in mente quando vogliamo darci un obiettivo cui tendere è il peso. Spesso sentiamo parlare di “peso ideale”, “peso giusto” e di “perdere tot. kg” come obiettivo del cambiamento.

Se siamo al di sopra di quel peso salutare che siamo in grado di mantenere senza sacrifici, (che è un concetto comunque molto più complesso di quello che pensiamo, ma merita un approfondimento a parte) è comprensibile che vogliamo perdere peso.

Cosa c’è che non va in questo? Il fatto che si tratta di un obiettivo di risultato e non un obiettivo di processo.

L’obiettivo-centrato-sul peso si focalizza sulla situazione attuale (“sono sovrappeso”) e su come togliere di mezzo questa situazione. Mi metto a dieta, faccio un po’ di attività fisica e sono a posto, no? No.

Questo obiettivo così impostato, infatti, non affronta il vero problema, che non è il peso indicato sulla bilancia ma

il perchè e il come sono arrivata a pesare un certo peso.

“Mangia meno e muoviti di più” è certo un consiglio sensato ma non è molto utile per implementare un vero cambiamento.

Primo, perchè le persone queste cose le sanno già.

Secondo, perchè non affronta i bisogni reali e le difficoltà specifiche con il cibo che quella persona ha, e che le impediscono di raggiungere e mantenere un peso salutare e sostenibile nel tempo per lei/lui.

Quali obiettivi sono più utili, allora?

Gli obiettivi più utili, cioè quelli che ci aiutano a orientare i nostri sforzi nella direzione giusta, non hanno a che fare direttamente con il peso ma riguardano il perchè quella particolare persona ha difficoltà a raggiungere e mantenere un peso adeguato alle sue esigenze. Lavorando contemporaneamente a cambiamenti comportamentali sostenibili, aumenteremo di molto le probabilità di successo a lungo termine.

dott.ssa Mara Pavanel

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PERCHE’ LO PSICOLOGO DELL’ALIMENTAZIONE?

  • Perché il cibo per noi umani non è semplice “carburante” per il corpo: è anche espressione della nostra identità, della nostra appartenenza culturale, delle nostre tradizioni; è espressione di affetto, condivisione di piacere, consolidamento di relazioni. Infatti, spesso mangiamo perché siamo in compagnia e vogliamo festeggiare, mangiamo per coccolarci, mangiamo certe cose per esprimere le nostre scelte e i nostri valori (per es. vegetariano), ecc. L’elenco è infinito perché infiniti e unici sono i significati che ognuno di noi dà al cibo.
  • perché, proprio per questo molto spesso, le difficoltà che abbiamo con il cibo non hanno a che fare con molecole e nutrienti ma con i significati che il cibo porta con sé. Sono tutti questi significati che ci rendono a volte complicato mangiare come vorremmo, significati che pertengono alla sfera delle emozioni, delle credenze, che derivano dalla nostra storia e dalla nostra esperienza. Non necessariamente queste difficoltà implicano un disturbo alimentare: a volte, sono solo espressione di un rapporto con il cibo un po’ conflittuale e stressante: tutti dobbiamo mangiare e se non lo facciamo con serenità, la nostra giornata si complica!
  • perché lo psicologo è l’esperto di questi significati: lo psicologo non lavora con i nutrienti (non dà diete! Per questo ci sono i nutrizionisti/dietologi/dietisti), ma lavora con le emozioni, con i pensieri e con i comportamenti. Lo psicologo aiuta a portare alla consapevolezza questi significati, investiga il rapporto con il cibo e ovviamente con il corpo del proprio paziente in modo da restituirgli la possibilità di fare le scelte più giuste per sé. Aiuta a lavorare con le emozioni e la loro regolazione, a modificare credenze errate, a sviluppare la propria assertività, a cambiare comportamenti disfunzionali. Insomma, aiuta a modificare il proprio stile di vita così che la persona possa trovare e sviluppare abitudini che promuovano il suo benessere, unica vera via per un cambiamento sostenibile e duraturo.

dott.ssa Mara Pavanel

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PERCHE’ HO SEMPRE FAME?

10 cose da chiedersi se “hai sempre fame”.

1. E’ davvero fame? Questa è la prima cosa da chiedersi, perché a volte pensiamo di avere fame e invece abbiamo solo voglia di mangiare: non sono la stessa cosa! Possibilmente lontano dal cibo, fai un rapido scan delle tue sensazioni corporee, dei tuoi pensieri ed emozioni.

Se è fame fisica vai alla domanda 2, se no alla 8.

2. Quanta fame ho? Oltre a capire se abbiamo davvero fame, è importante capire il livello di fame che proviamo diamogli un valore da 1 (pochissima fame) a 10 (fame pazzesca). Se abbiamo sempre fame, forse non mangiamo a sufficienza per i nostri reali bisogni.

3. Quando ho mangiato l’ultima volta?Se hai appena finito di mangiare può avere senso aspettare un momento per dare al tuo corpo la possibilità di provare sazietà. Se sono passate molte ore è probabile che sia fame!

4. Cosa ho mangiato? Come sappiamo ci sono alimenti e nutrienti che saziano più a lungo: prestiamo attenzione all’effetto che quello che mangiamo ha sul nostro senso di fame; se abbiamo sempre fame forse possiamo fare aggiustamenti nei nostri pasti o snack.

5. Quanto ho mangiato? Ovviamente se abbiamo mangiato meno, probabilmente avremo fame prima.

6. Quanto sono stato attivo? Il cibo è carburante, tra le altre cose, quindi se sono molto attivo fisicamente questo può farmi provare più fame.

7. Altri fattori? Ci sono molte variabili che possono incidere sulla fame, come la crescita (tipicamente bambini e adolescenti), alcune medicine, squilibri ormonali, malattie ecc. Tutte queste domande ci aiutano a capire anzitutto se ciò che sentiamo è davvero fame fisiologica a cui l’unica risposta sensata è mangiare!…e se non è fame? La settimana prossima vedremo cosa fare!

8. Se non ho fame, cosa faccio? Non è detto che la risposta sia “non mangio!” Se mi accorgo in realtà di non avere fame, ma sento il desiderio di cibo, ho comunque la possibilità di scegliere se:

– mangiare lo stesso.

-aspettare e fare altro nel frattempo e vedere cosa succede.

-cercare di capire perchè voglio mangiare e cercare di soddisfare quel bisogno.

Vanno bene tutte le scelte: l’importante è non mangiare solo per abitudine ma scegliere se farlo o meno.

9. Mi sto negando dei cibi? Considerare certi cibi come proibiti e sforzarsi di evitarli è un potente innesco del craving, il desiderio di mangiare; molte persone che dicono di “avere sempre fame” in realtà si negano i propri cibi preferiti, creando così un forte potere di quei cibi nei loro confronti.

10. Sto esprimendo un altro bisogno? Molti confondono la voglia di mangiare con il bisogno di farlo. Aver voglia di mangiare senza fame non è sbagliato ma forse è il modo con cui il nostro corpo ci indica di aver bisogno di altro: riposo, divertimento, connessione e così via.

Diventiamo noi stessi gli esperti della nostra fame e dei suoi ritmi!

(da Michelle May-modificato, trad. mia)

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LE 4 LEGGI DEL CAMBIAMENTO COMPORTAMENTALE

Come cambiare abitudini❓

E’ un argomento che mi affascina e che ho molto studiato, e ci tengo a condividere quei contenuti che mi sembrano più utili e più pratici per cominciare a migliorare il nostro stile di vita.

📌Prima di vedere queste leggi, diciamo due parole sulla struttura delle abitudini. Le abitudini non sono altro che routine di comportamenti che occorrono in modo automatico (cioè senza sforzo e in modo sempre identico) in risposta ad un segnale e che sono seguite a loro volta da una sensazione di piacere, cioè provocano una ricompensa. Se mancano questi elementi, per esempio il segnale o la ricompensa, la routine non si verifica. Detto questo, vediamo come sfruttare queste info per cambiare abitudini.

👉Le 4 leggi del cambiamento comportamentale (J. Clear, 2018)

1. rendi ovvia l’abitudine: questa legge ha a che fare con il segnale. Perché un comportamento avvenga devo segnalare al mio cervello che è il momento di agire. Posso farlo in molti modi, quello più semplice è agganciare l’abitudine ad una routine che possiedo già: per esempio, dopo essermi alzato dal letto farò tre piegamenti oppure dopo aver preso il caffè al mattino mangerò un frutto. Le possibilità sono infinite, basta trovare quella che meglio funziona per noi.

2. rendi l’abitudine attraente: spesso quando si tratta di abitudini ci fermiamo a soluzioni preconfezionate, che hanno funzionato per i nostri amici o che tutti dicono essere la cosa migliore, salvo poi non riuscire a farlo. Non è detto che per fare attività fisica dobbiamo per forza andare a correre se non ci piace! Cerchiamo delle abitudini che ci interessino, sperimentando quello che ci fa sentire meglio. Possiamo anche rendere una abitudini più piacevole, per esempio andando a correre con una amica.

3. rendi l’abitudine facile: questo riguarda la routine in quanto tale. Spesso l’errore che si fa è quello di voler partire col botto, iniziare alla grande per ottenere una grande cambiamento dal giorno alla notte. Beh, non funziona così. I grandi cambiamenti sono il frutto di piccoli passi ma COSTANTI. Un’ abitudine è tale solo se per definizione è ripetuta e automatica e ottenere…

4.

“Il successo è il prodotto di abitudini quotidiane, non di trasformazioni che accadono una volta nella vita”

james clear